Igor Pelgreffi insegna Etica e filosofia della persona all’Università di Verona ed è docente nella scuola secondaria superiore, a Bologna. È redattore delle riviste “Kaiak. A Philosophical Journey”, “Lo Sguardo”, “Azimuth. Philosophical Coordinates in Modern and Contemporary Age”, e membro del gruppo di ricerca “Officine Filosofiche” (Bologna) e del Centro di ricerca “Tiresia. Filosofia e psicoanalisi” (Verona). La sua ricerca, partendo da un interesse per Nietzsche e per la filosofia contemporanea italiana e francese (ha curato l’edizione italiana di opere di Nancy, Derrida e Žižek) si concentra sui temi della corporeità e delle relazioni tra filosofia, scrittura e corpo (saggi su Bernhard, Blanchot, Camus, Derrida, Gadda, Gargani, Morselli, Nancy, Nietzsche, Sennett, Žižek). Di qui, all’interno di un’analisi critica delle diverse forme espressive del “filosofico” in epoca contemporanea, si è occupato di autobiografia e della natura del rapporto tra il filosofo e i dispositivi mediali. Attualmente lavora al tema dell’automatismo. Tra i suoi libri: Slavoj Žižek (2014), Scrittura e filosofia (2014), La scrittura dell’autos. Derrida e l’autobiografia (2015), Il filosofo e il suo schermo. Video-interviste confessioni monologhi (2016). Soggetti di automatismo Nelle nostre vite singolari e collettive sono presenti molte forme di automatismo. Da un certo punto di vista, noi abbiamo e siamo una tendenza (conatus) a ripetere azioni apprese nel tempo della vita che, divenute ormai automatiche, ci telecomandano entro i binari della passività. Camminiamo, parliamo, guidiamo l’automobile, usiamo uno smartphone, scriviamo, pensiamo: in queste e molte altre azioni quotidiane, siamo mossi da una componente involontaria che in parte ci passivizza. Ma c’è dell’automatismo anche nell’irrompere di un gesto spontaneo entro la nostra prossemica ordinaria, e quando ciò accade ci scopriamo impotenti spettatori, eseguiti dall’azione del nostro corpo. Così come, scendendo ancora più in basso nelle dinamiche corporee, siamo totalmente passivizzati dall’azione di un riflesso incondizionato, nel senso pavloviano, oppure una reazione istintiva, sulle cui incoatività non abbiamo alcun potere. L’origine di questi scatti automatici che assillano l’autonomia del soggetto, si perde nelle profondità inesplorate del bios preriflessivo, e tuttavia ci condiziona in misura consistente. Le contrazioni della muscolatura involontaria cardiaco-polmonare dettano la ritmica della nostra esistenza, e anzi sono la causa efficiente, nel senso aristotelico, della nostra permanenza in vita. Cediamo spesso parti di sovranità a schemi di ripetizione automatica, non solo sul piano del singolo corpo, ma anche in un senso sociale. Se potessimo osservare le nostre vite dall’alto, e in una ripresa velocizzata, registrare traiettorie e lignes de vies e, per così dire, scannerizzare desideri, resistenze, inerzie, persino i sogni, vedremmo con ogni probabilità i segni di una macro-ripetizione. I nostri corpi tendono (conatus) a disporsi lungo le invisibili linee di forza di campi magnetici sovra-individuali che prendono molti nomi: protocolli sociali, rituali, routine lavorativa, habitus, moda, istituzioni e vari altri. Nel complesso, e molto più spesso di quanto non siamo disposti ad ammettere, l’insieme di questi dispositivi ci determina in quanto soggetti di automatismo. Vi è, cioè, una tendenza generale alla ripetizione non solo nei nostri singoli corpi, ma anche di questi automatismi globali. I dispositivi di ripetizione tendono a riprodursi e a mantenersi in vita: la società “si” ripete. Il linguaggio stesso, è stato detto molte volte nel corso del Novecento, è un dispositivo psicosociale di ripetizione automatica, oltre che di riproduzione di un ordine sintattico-politico di assoggettamento. L’idea da cui nasce questo libro, è quella di tentare una riflessione unitaria intorno a questi fenomeni “automatici”. Si tratta, tuttavia, di fenomeni tra loro eterogenei. L’ipotesi in campo è che sia possibile individuare nel concetto di corporeità la mediazione etica tra i diversi tipi di automatismo, il baricentro in cui essi da un lato trovano il terreno fisico per la loro applicazione e esistenza, e dall’altro lato essi vengono prodotti o riprodotti. In altri termini, sarà il tema del corpo in quanto matrice e schema, come sede di sconfinamento tra attività dell’azione automatica e passività dell’azione automatica, il filo conduttore della nostra interrogazione. Essa mira a comprendere in che modo le attività abituali e ripetute, gli impulsi vitali prelogici e gli schemi sociali abbiano a che vedere con forme di automatismo riconducibili, appunto, a un’antropologia filosofica che abbia nel corpo il proprio centro logico ed etico.